Produrre carne senza il bisogno di allevare e macellare animali, riducendo il consumo di risorse naturali come energia, acqua e suolo: un'innovazione rivoluzionaria in campo alimentare che sembra necessitare di alcuni accorgimenti.
La carne sintetica, detta coltivata o artificiale, nasce dalla coltivazione cellulare in vitro di cellule animali, solitamente prelevate da polli, mucche o maiali. Le cellule vengono fatte proliferare in condizioni controllate, utilizzando bioreattori che replicano l'ambiente naturale dei tessuti animali. Il processo inizia con l'estrazione di cellule staminali, che successivamente vengono differenziate in cellule dei principali tessuti.
Esistono, tuttavia, alcune difficoltà nel riprodurre le esatte caratteristiche organolettiche della carne tradizionale, oltre a dubbi sulla salute a lungo termine legati al consumo di carne sintetica. Non mancano preoccupazioni per l'impatto ambientale in termini di produzione di energia e della CO2 emessa. In particolare, si osserva che il gas metano derivante dalla produzione di carne tradizionale, nonostante l'impatto immediato sul clima che è di certo più elevato rispetto alla CO2, si dissolve nel giro di 12 anni. Non è da meno la carne sintetica che determina la dispersione nell'ambiente di CO2, che rimane per millenni.
Alla luce dei rilievi emersi, risulta la necessità di condurre ulteriori ricerche e sviluppi per rendere la carne coltivata un'opzione realmente sostenibile e accettabile per i consumatori. Pertanto, la carne coltivata rappresenta, comunque, un'opzione promettente per il futuro dell'industria alimentare sebbene attualmente presenti sfide significative, soprattutto in termini di impatto ambientale e accettazione da parte dei consumatori, potrebbe diventare un'alternativa sostenibile alla zootecnia.
Resta, comunque, fondamentale investire nella ricerca e nello sviluppo che permettano la produzione di carne sintetica su larga scala e far sì da avere un maggiore controllo sulle emissioni di anidride carbonica.
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