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Come nelle favole: Il sogno Azzurro diventa realtà



Non sembra vero, ma è successo: L'Italia ha vinto Euro 2020.

Se solo tornassimo indietro a tre anni fa, a quel maledetto tredici novembre duemiladiciassette, nessuno ci crederebbe, nessuno riuscirebbe neanche lontanamente ad immaginare uno scenario del genere.

Roberto Mancini ha cambiato l'Italia, scegliendo i giovani e persone fidate, che possano dare corpo ed anima, indipendentemente dal ruolo che coprono.

I ventisei uomini scelti da Mancini (ventotto se consideriamo anche Sensi e Pellegrini, che hanno dovuto alzare bandiera bianca) hanno trovato tutti il loro posto dell'organigramma azzurro: c'è chi si è occupato della gestione emotiva, come Sirigu, Bonucci e Jorginho, chi ha dovuto aiutare la squadra nelle situazioni tattiche più complicate, come Andrea Belotti, pronto a difendere il pallone, anche col rischio di subire falli pericolosi, e c'è anche chi era da proteggere, come i giovani Donnarumma, Chiesa e Raspadori, ma anche i più grandi Bernardeschi, Cristante e (nella seconda parte del torneo) Immobile, in un costante rapporto odio-amore con i tifosi.

La sintesi della partita è nell'abbraccio finale fra Roberto Mancini e Gianluca Vialli, che riassume un pensiero fondamentale: c'è chi il calcio l'ha creato e chi lo vive, fino all'ultimo secondo possibile, ed in quella felicità ci siamo tutti, dai due ex Sampdoria che nel millenovecentonovantadue non riuscirono ad espugnare proprio Wembley, a Daniele De Rossi che quel tredici novembre sbraitava per far entrare Lorenzo Insigne, quell'Insigne che più di una volta ha tirato fuori dal cilindro il coniglio.


Partiamo male, con un gol subito da Shaw dopo appena centodiciotto secondi, ma gli inglesi decidono di non continuare l'attacco, usando il nostro marchio di fabbrica, il catenaccio; un calcio d'angolo ci rimette in corsa, nonostante il mezzo miracolo di Pickford, l'ennesimo della partita, ma Bonucci la ribatte dentro.

Qui cambia la partita.

I sessantamila inglesi, non possono nulla contro i seimila italiani.

Non possono nulla contro la nostra fame, la nostra voglia di riscatto, specie dopo i festeggiamenti anticipati degli avversari; e allora "teniamo botta", giochiamo d'esperienza e la portiamo ai supplementari prima e, dopo aver visto i cambi anglosassoni con i vari Rashford e Sancho, in seguito ai rigori.

Sotto la loro curva Donnarumma vince la sua quinta sfida ai rigori in carriera, la quinta su cinque, e neanche l'errore di Jorginho ci uccide, ma anzi, ci da più lustro, rendendo quel supereroe italo-brasiliano capace di sbagliare, dopo un Europeo perfetto, meno supereroe e più umano, più credibile, più vero.

Decimo rigore, Saka prende la mira, ma nulla può contro Donnarumma.


É finita.



Siamo campioni d'Europa e sognare non costa nulla, ma di questo ne parleremo a dicembre duemilaventidue, quando saremo in Qatar, sperando che il cielo, s'illumini, nuovamente, come ieri sera, d'Azzurro.




Alessio Caruso


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