BARCELLONA, PIAZZA CALDERA’ E BORGO
- Emilio Bertucci
- 3 ore fa
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La campagna elettorale è appena partita e già il dibattito pubblico si riempie di immagini patinate, sorrisi smaglianti e dichiarazioni diffuse a ritmo serrato sui social.
Una comunicazione intensa, spesso autoreferenziale, che però lascia sullo sfondo il nodo centrale: i contenuti e le proposte concrete per il territorio.
Ed è proprio in questa fase che diventa utile spostare il piano del discorso. Meno attenzione ai volti e più attenzione ai luoghi. Meno slogan e più idee. A partire da Calderà, dal suo borgo e dalla sua piazza.
Un tema che dovrebbe essere centrale nel confronto politico riguarda la riqualificazione degli spazi pubblici. Nei centri costieri, infatti, piazze e lungomari non vengono abbandonati con la fine della stagione estiva.
E non c’è ragione perché Calderà debba fare eccezione, considerando il clima mite e le condizioni che permetterebbero di vivere gli spazi all’aperto per gran parte dell’anno. È una questione di visione amministrativa.
La piazza di Calderà, per posizione e contesto, avrebbe una vocazione naturale: aprirsi sul mare e sulle Eolie, trasformare quel panorama nel suo elemento identitario.
Invece oggi appare come uno spazio che quel paesaggio lo nasconde. Una grande superficie vuota, con sedute orientate altrove, che finisce per penalizzare ciò che dovrebbe essere il suo punto di forza.
Il confronto con altri territori è inevitabile. Pochi chilometri più in là, da Messina a Milazzo, passando per Venetico, Spadafora e la fascia ionica, si è puntato su soluzioni semplici: passeggiate sul mare fruibili tutto l’anno, viali alberati, spazi ordinati e curati. Interventi non monumentali, ma coerenti con il contesto e capaci di generare vita urbana.
A Calderà, invece, resta l’immagine di uno spazio che fatica a produrre socialità e permanenza. Elementi simbolici o arredi isolati non bastano a costruire un’identità urbana né a rendere una piazza davvero vissuta.
Nel pieno della campagna elettorale, la questione non dovrebbe essere chi ha fatto cosa in passato, ma quale progetto si intende portare avanti. Se l’attuale conformazione della piazza è un dato di fatto, allora va accompagnata da una programmazione seria: eventi distribuiti durante tutto l’anno, iniziative culturali, mercatini, appuntamenti capaci di attirare persone anche fuori stagione.
Il tema si intreccia direttamente con quello delle attività economiche. A Calderà i locali chiusi e le saracinesche abbassate raccontano una difficoltà strutturale.
Non manca lo spirito imprenditoriale, ma manca una strategia pubblica che renda sostenibili gli investimenti nel tempo. Nessuna attività può reggere se vive solo pochi mesi l’anno, senza certezze e senza una programmazione condivisa.
In campagna elettorale si parla spesso di rilancio e sviluppo. Qui il terreno è concreto: incentivi, agevolazioni fiscali, semplificazione delle procedure, bandi mirati e una regia pubblica capace di dare continuità. Senza questi strumenti, le buone intenzioni restano promesse.
Riqualificare la piazza di Calderà significa costruire un ecosistema: eventi che funzionano, locali aperti tutto l’anno, lavoro stabile, spazi pubblici vissuti. Significa trasformare un luogo di passaggio estivo in un borgo riconoscibile e attrattivo.
Nel confronto elettorale che si apre, questa è una delle sfide su cui misurare la credibilità delle proposte: meno improvvisazione e più pianificazione, meno comunicazione e più progetto. Da qui passa una parte importante del futuro di Calderà.








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