La "Transustanziazione" dell'ineffabilità della giustizia oggettiva
- M.I.
- 11 minuti fa
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Che cosa è la giustizia? Che cosa è l'obbiettività? E soprattutto la giustizia, per antonomasia, "imparziale" si può considerare veramente "giusta"?
A queste ed altre domande hanno cercato di dare una risposta i dottori di diritto Antonio Salvati, magistrato addetto alla sezione civile ed Andrea Apollonio, sostituto procuratore in Sicilia, nell’incontro, tenutosi nell’Atrio del Carmine, per la presentazione dei loro libri, rispettivamente, “TzimTzum” e “L’inferno non prevarrà”, con presentatore Ilario Nasso, consigliere di Corte d’Appello (e come “quarto uomo” camaleonticamente mimetizzato, ma non poi così tanto, il procuratore della Repubblica Emanuele Crescenti).
Sebbene i due libri a prima vista possono apparire diametralmente opposti, visto che TzimTzum è ambientato in un futuro (molto più vicino al nostro presente di quanto possiamo immaginare) distopico mentre L’Inferno non prevarrà è ambientato nella Sicilia nebroidea-tirrenica di un passato non troppo lontano, hanno molti punti di contatto. In entrambi ci si pone il quesito dell’oggettività della giustizia, della sua natura intrinseca imparziale, ma in entrambi prevale il dubbio che “questa oggettività, imparzialità” sia solo effimera perché la “giustizia oggettiva” non sempre equivale a verità.
TzimTzum, come dice il Dott. Salvati parlando del suo libro, fa riferimento alla creazione cabalistica ebraica dove Dio (Ha-Makom) si “ritrae”. « TzimTzum vuol dire “Contrazione”; quindi non un Dio che crea, con un atto di imperio, potenza ma un Dio che si “ritrae” per lasciare uno spazio minimo all’essere umano ed al suo libero arbitrio, quindi alla nostra capacità anche di sbagliare». Nel futuro immaginato in TzimTzum, la magistratura come la conosciamo oggi non esiste più: «la comunità del libro fa una rivoluzione pacifica, elimina i ruoli e la struttura della Giustizia classica per affidarsi ad una “voce superiore”e, a differenza di tutti i romanzi distopici dove le comunità, come quella di 1984 di Orwell, soffrono a causa del Nuovo potere impostosi, invece nel mondo di TzimTzum, la gente è felicissima!», perché? Perché la giustizia non è più amministrata da esseri umani, ma da questo “elemento NON umano” che essi credono essere Dio, Ha-Makom (ovvero l’Onnipresente) ma in realtà è un’intelligenza artificiale, «“Nostro Signore dell’Algoritmo”. E la gente ne è felice (strizzata d’occhio al “conte philosophique” Justice Machine di Jacques Carperntier del 1954) perché l’Algoritmo NON può sbagliare, essendo “un insieme di input digitali ”, privo quindi dei difetti insiti nella Natura Umana, difetti che quando sono tipici degli individui vestiti di Toga, diventano invece un problema». In TzimTzum esiste solo un carcere/ tribunale, molto particolare perché è un Panopticon [(un carcere ideale progettato nel 1781 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham, basato sull’idea di permettere a un unico sorvegliante di osservare (opticon) tutti (pan) i soggetti di una istituzione carceraria senza permettere a questi di capire se siano in quel momento controllati o no), come il carcere di Santo Stefano del 1795 a Ventotene, per intenderci]; particolare, soprattutto perché «è praticamente vuoto, ci sono soltanto Quattro Persone, che sono i personaggi principali del libro, che raccontano le loro storie al Custode del carcere , figura centrale , sia metaforicamente che letteralmente, del romanzo. Altra nota inusuale è il fatto che questi carcerati, accettano la loro condizione di privazione della libertà e non tentano di scappare, non solo per il tipo di struttura della prigione in cui sono rinchiusi ma anche perché avendo totale fiducia nella “Giustizia Non Umana” ritengono che la loro situazione sia sicuramente “giusta”. Ma col proseguire del romanzo si scoprirà che forse le cose non sono così semplici e lineari come potrebbe apparire, che “non è tutto oro quello che luccica”».
Il Dott. Antonio Salvati, persona mirabilmente dotta, erudita ma al contempo alla mano e cortese, parlando delle origini del suo TzimTzum dice che l’idea è nata dal «modo in cui guardiamo all’intelligenza artificiale, questa esplosione di fiducia, questa felicità, quel “Ah, finalmente è arrivato chi potrà amministrare la giustizia senza errori”», affidando all’Algoritmo non solo la giustizia, ma anche materie in ambito di lavoro e salute. «E quindi, ci si chiede perché tutta questa fiducia nell’algoritmo? Cosa ha di speciale? La risposta era semplice: perché non è umano. E quindi non ha le nostre debolezze. Viviamo in un epoca in cui ancora si stigmatizzano figure, come il giudice che, nel pensiero collettivo, non dovrebbero avere incertezze». E questo perché «si ha una concezione sbagliata di cosa sia l’errore. Si è convinti che il Diritto sia una scienza esatta, in realtà è legata alla percezione di fatti e dei comportamenti, quindi inevitabilmente fallibile».
Presentando, invece, L’Inferno non prevarrà del Dott. Apollonio, il Dott. Nasso dice: «Salvatori è un pubblico ministero, quindi una figura giudiziaria complementare a quella del giudice sia di quello umano che di quello “artificiale” che, giunto in Sicilia, apprende, a volte suo malgrado, le dinamiche e le peculiarità di questa terra così complessa e ricca e coltiva che da diligente pubblico ministero l’aspirazione ad emendare questa terra dei suoi mali caratteristici, scontrandosi con un sistema di potere che ha ramificazioni apparenti anche all’interno dello stesso Sistema giudiziario di cui fa parte».
L'Inferno non prevarrà è il continuo, il sequel, del romanzo I pascoli di carta, con protagonista, appunto, il pubblico ministero Salvatori. «L’idea per questi romanzi nasce come mera ispirazione da alcune vicende vissute nel mio contesto professionale foraggiata dall’aspirazione a raccontare certi fenomeni, come la mafia nebroidea, che prolificano sono in questa zona - dice il Dott. Apollonio - Quindi l’aspirazione è quella di raccontare i “fenomeni”: il fenomeno dei pascoli di carta, il fenomeno della zona grigia (ovvero l'area di confine tra il mondo legale e quello illegale, dove avvengono relazioni di collusione e scambio tra soggetti che operano in contesti legali e organizzazioni criminali) che è il vero oggetto di questo secondo romanzo. La figura di Salvatori, il protagonista, è basata in parte sulla mia esperienza personale e in parte sul personaggio del Capitano Bellodi, del Giorno della Civetta di Leonardo Sciascia».
Rivolgendosi al Dott. Apollonio, in merito all'oggettiva della giustizia, il Dott. Nasso dice: «Spesso Salvatori si interroga su quanto sia oggettiva o non lo sia, la giurisdizione, lasciando peraltro al lettore la doverosa possibilità di fornire a se stesso una risposta a questo interrogativo. L’oggettività rimane , come si dice nel libro, in ultima analisi il nostro rifugio. E’ davvero così? E dal punto di vista di Apollonio che è un punto di vista da inquirente, quindi non esclusivamente giudicante, l’oggettività dice qualcosa o invece la giurisdizione non può prescindere dall’umanità e da tutto ciò che inerisce all’essere umano, compreso eventualmente l’errore».
Il Dott. Apollonio, che è un fervente ammiratore nonché tra i massimi esperti della narrativa e dell'ideologia di Sciascia, risponde dicendo che: «In verità l’oggettività rappresenta in questo libro è un muro contro cui, non tanto il magistrato ma quanto la “persona” Salvatori si scontra e con quale si confronta. Salvatori all’inizio del libro dopo avere svolto un atto istruttorio particolarmente sofferto perché capiva che non avrebbe portato a una forma di “giustizia” anzi le sue investigazioni avrebbero portato ad una forma di Pura Ingiustizia, riflette sull’oggettività, su quella oggettività con cui Calvino invita a confrontarsi (Calvino sottolinea che sia la realtà che la nostra percezione di essa sono in costante trasformazione; l’oggettività non è quindi un concetto statico, ma un processo dinamico di interazione tra noi e il mondo che ci circonda.) Calvino (che, scoprì Sciascia, un giovane maestro elementare di Racalmuto, e ne riconobbe subito il talento, promuovendo la pubblicazione delle sue opere. Nonostante le loro strade si siano poi separate, con Sciascia più legato alla realtà siciliana e Calvino più incline alla sperimentazione il loro rapporto fu un esempio di amicizia letteraria e intellettuale, fondata sulla stima reciproca e sulla passione per la scrittura) si chiede se l’oggettività sia un illusione dell’essere umano. Che cosa è il dato reale e come ci si deve confrontare con esso? Queste sono riflessioni che oggi più che mai assumono un valore enorme, immenso perché oggi siamo di fronte a delle sfide epocali come l’intelligenza artificiale.. tutto ciò che sembra reale e che forse è reale, ma chi può dire se è davvero reale. Tutto ciò che si produce con l’algoritmo, è davvero quello il dato reale, oggettivo? L’oggettività è un fardello che Salvatori si porta dietro in questa indagine. E’ un investigazione complessa perché peraltro si attaglia un dato che è reale ma che non può trovare spazio negli atti di un procedimento. Tenete conto che, in un’attività di intercettazione vi sono delle regole da seguire, quindi quando, nel romanzo, verrà fatta un’intercettazione che esce fuori dalle regole e verrà alla luce un fatto di reato, qui l’oggettività diventa un parametro per capire se quel reato è davvero avvenuto o frutto dell’immaginazione delirante di Salvatori; e a prescindere dalla sua realtà o meno di questa scoperta, essa non potrà trovare spazio nella procedura. Ecco che l’oggettività diventa, quindi, un perimetro nel quale Salvatori è stretto: perimetro delineato dai suoi deliri e dalle sue pulsioni della ricerca della verità, che è sempre difficile da raggiungere».
“E’ la storia della verità processuale che non coincide con la verità: o meglio non sempre la giustizia coincide con la verità? Sa perché applicare la legge è la vera unica garanzia di giustizia? Perché la legge è sopra le nostre condizioni personali, sopra i nostri umori rancori le nostre preferenze. E’ una garanzia di imparzialità e quindi di giustizia”
(L'Inferno non prevarrà, A. Apollonio)
E il Dott. Salvati, sempre in merito all'oggettività della giustizia, dice: «I magistrati, il problema della giustizia, se lo pongono. Essere corretta proceduralmente, è sufficiente per definirla giustizia? E’ giusta quella sentenza o è figlia di un pre-giudizio basato sull’idea che si è fatti dei dati forniti. Può un giudice avere un pre-giudizio? TzimTzum vuole essere anche una provocazione nei confronti non solo di chi fa parte del mondo dei processi ma anche nei confronti dei lettori. I giudici, essendo umani, hanno dei pre-giudizi, delle idee, vedono il mondo in un certo modo ed impossibile pensare che indossare una Toga faccia scomparire i sentimenti e le idee personali dei magistrati; però i magistrati sono educati, formati ed allenati a far sì che i pre-giudizi non vengano negati ma vengono in qualche modo disinnescati. TzimTzum è un ode alla possibilità d’errore; e un ode al fatto che la giustizia assoluta ed oggettiva è un mito che non esiste. Tutti giudichiamo come esseri umani, non ci sono dei super uomini e super donne che siccome sono magistrati quando giudicano non hanno pregiudizi, che si spogliano della loro accezione umana.. ed essendo ciò impossibile, sarebbe meglio, con umiltà, la contrazione, la riluttanza, lo TzimTzum appunto. Bisogna ammettere che la giustizia umana è imperfetta; che non può non essere imperfetta perché la possibilità di errore e la possibilità di vedere le cose sotto un punto di vista diverso è insito proprio nella natura umana. Allora il giudice non è quello che conosce la verità oggettiva, che poi non esiste, ma quello che forma la verità processuale. Ci si chiede: la giustizia degli uomini vale di meno perché imperfetta? No, perché la creiamo Noi. Siamo noi che stabiliamo le regole da rispettare e le limitazioni alle nostre libertà individuali in virtù delle quali quello che decide un tribunale, e che diventa giudicato, quello “è” e quindi “è giusto”. Ed è questo "giudicato", questo "giusto", oggettivamente “giusto”? Assolutamente No! E' giusto perché lo decidono i giudici basandosi sulle regole che la collettività tutta si è data».
“Voi non volevate soltanto qualcosa o meglio qualcuno che vi desse una mano: il vostro desiderio era molto più malato. Volevate scaricare su di me il peso di tutte le Vostre insicurezze, dei vostri possibili errori. Ecco a cosa miravate: usarmi per provare a cancellare proprio quello che vi rende umani: la possibilità di sbagliare e di rendervene conto. Qualcosa che avete deciso di rifiutare, in nome di una certezza assoluta che però, brutti idioti, non vi appartiene”
(TzimTzum, A. Salvati)
Il Dott. Nasso continua chiedendo al Dott. Apollonio: «Salvatori non riesce a sfuggire a certi meccanismi che pervadono anche il sistema giudiziario. C’è la possibilità per il Meridione di emancipazione, di redenzione da certe dinamiche che sembrano ineluttabili, nonostante siano socialmente nocive?»
«C’è possibilità di redenzione? - risponde il Dott. Apollonio - Questa è la sfida che mi sono posto nella mia letteratura partendo dall'immagine sciasciana del Capitano Bellodi che si chiede se tornerà in Sicilia oppure no, lasciando, con il finale aperto, al lettore la possibilità immaginare cosa accadrà. La giustizia è dentro di noi, come l’ideale Kantiano, e non all’interno delle istituzioni. Nel Contesto, Leonardo Sciascia, attraverso il dialogo tra il commissario Rogas e il Giudice Riches che parlano di come la giustizia venga amministrata, spiega come dal punto di vista formale l’errore giudiziario non esiste».
”Prendiamo la messa: il mistero della transustanziazione, il pane e il vino che diventano corpo, sangue e anima di Cristo. Il sacerdote può anche essere indegno, nella sua vita, nei suoi pensieri: ma il fatto che è stato investito dell’ordine, fa sì che ad ogni celebrazione il mistero si compia. Mai, dico mai, può accadere che la transustanziazione non avvenga. E così è un giudice quando celebra la legge: la giustizia non può non disvelarsi, non transustanziarsi, non compiersi. Prima il giudice può arrovellarsi, macerarsi, dire a se stesso: non sei degno, sei pieno di miseria, greve di istinti, torbido di pensieri, soggetto a ogni debolezza e a ogni errore; ma nel momento in cui celebra, non più. E tanto meno dopo”
(Il Contesto. Una parodia, L. Sciascia)
Sul tema dell'errore giudiziario e della mis-cominunicazione che spesso ruota attorno alla magistratura e ai giudici, che creano quindi sfiducia nel cittadino verso questa istituzione, il Dott. Salvati dice che «La comunicazione è incentrata tutta sulla figura del giudice, sulla sua vita personale, si appunta sul Chi giudica prima ancora che sul COME giudica: la chiave di lettura si basa sull’idea che conoscendo la idee , i gusti del giudice ci si può spiegare il perché delle sentenza che ha emesso; creando un precedente pericoloso, una gravissima distorsione prospettica perché priva della controprova il giudice sulla reale motivazione che sta alla base delle sue sentenze. L’Algoritmo di TzimTzum trae infatti ispirazione dal dialogo del Contesto di Sciascia: non bisogna credere nella giustizia perché si crede nel giudice “giusto”, ma bisogna credere, guardare alle regole! Se le regole non vanno più bene, non si adattano più ai nostri tempi, allora le cambiamo… esercitando il diritto di voto!»
E sull'ideologia sciasciana, che permea tutta la narrativa del Dott. Apollonio, della ragione come strumento per indagare la realtà, smascherare ingiustizie e promuovere la libertà e la giustizia, Questi dice: «La ragione è un parametro che Sciascia riconduceva all’illuminismo; per Sciascia, quindi, la ragione è la ragione illuministica che è la ragione da cui trae origine il diritto penale così come oggi lo conosciamo. Sciascia fa sempre riferimento alla ragione illuministica, che però non è la giustizia: perché la giustizia è quell’aspirazione che non riusciamo mai a raggiungere. La ragione, invece, la dobbiamo coltivare ogni giorno, perché essa ci propende verso la giustizia (anche se non viene mai effettivamente raggiunta). Questa dicotomia si delinea perfettamente nella presentazione, di oggi, dei nostri libri: dove da un lato si ha l’Algoritmo, che è Ragione sì, ma non nel senso Sciasciano, perché non è Ragione Umana ma Logica Meccanica, che è quindi Dis-umana. Dall'altro si ha la Ragione, come la intende Sciascia, ovvero che non può mai essere scinta dalla componente umana. Che poi sia questa logica disumana a raggiungere “l’ideale di giustizia” è una domanda che ci si pone in questi ultimi tempi. Può l’intelligenza artificiale creare un vero sistema di giustizia? Secondo me, No. Perché la logica disumana, la logica dell’Algoritmo, dà l’illusione della giustizia e quindi non può condurci alla giustizia laddove, invece la Ragione Umana può farci propendere verso la giustizia (che comunque non si raggiungerà mai!)».
“La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c'è piú né sole né luna, c'è la verità”
(Il Giorno della Civetta, L. Sciascia)
“Gli elementi che portano a risolvere i delitti che si presentano con carattere di mistero o di gratuità sono la confidenza diciamo professionale, la delazione anonima, il caso. E un po', soltanto un po', l'acutezza degli inquirenti”
(A Ciascuno il suo, L. Sciascia)
Il Dott. Salvati e il Dott. Apollonio (con l’occasionale “apporto” del Dott. Crescenti giù in “platea”) hanno poi risposto alle domande del pubblico presente, cercando di fugare gli stereotipi e i preconcetti che spesso si hanno sui magistrati e il loro operato. Molto apprezzata la sincerità, a volte schietta, con cui i due giuristi hanno risposte ai quesiti loro posti e la disponibilità nell’autografare copie dei loro romanzi e sottoporsi al rito della “foto ricordo”.
Il Dott. Salvati e il Dott. Apollonio (con l’occasionale “apporto” del Dott. Crescenti giù in “platea”) hanno poi risposto alle domande del pubblico presente, cercando di fugare gli stereotipi e i preconcetti che spesso si hanno sui magistrati e il loro operato. Molto apprezzata la sincerità, a volte schietta, con cui i due giuristi hanno risposte ai quesiti loro posti e la disponibilità nell’autografare copie dei loro romanzi e sottoporsi al rito della “foto ricordo”.
Sono tante le considerazioni che vengono alla mente dopo una serata all’insegna della “giurisprudenza”.
I magistrati, quando intraprendono la carriera forense prestano giuramento di “essere fedele alla Repubblica italiana e al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere con coscienza i doveri inerenti al loro ufficio”, e ogni quattro anni hanno l’obbligo di frequentare corsi di aggiornamento alla SSM (Scuola Superiore della Magistratura); tra questi corsi vi sono quelli di Etica e Deontologia della professione giuridica.
Ora, come ricordava il Dott. Salvati, i giudici, basandosi sul corpo di leggi che regola la nostra società, al momento di giudicare, di emettere una sentenza, cercano di essere il più imparziali possibili, per quanto la natura umana permette, e di usare l’etica e la ragione, come appunto diceva il Dott. Apollonio, per guidarli in questa importante missione.
La razionale imparzialità sembra quindi essere la chiave di volta per raggiungere una giustizia oggettiva, un (quasi) perfetto giudicato. Ed ecco che l’avvento, in questi anni, delle nuove tecnologie come l’Intelligenza Artificiale o Algoritmo cade a fagiolo: in Cina, a Shanghai è stato adottato l’utilizzo di un “robot giudice”. I ricercatori della Chinese Academy of Science hanno creato ed allenato un algoritmo che è in grado di prendere decisioni con l’accuratezza del 97 per cento ( la venuta di “Nostro Signore dell’Algoritmo” di TzimTxzum sembra sempre più vicina); ed ancora, in tutto il mondo, compresa l’Italia, si stanno facendosi passi da gigante verso quella che viene chiamata “giustizia predittiva” o “pre-crimine”: ovvero, in un database vengono raccolti migliaia di dati che poi un Algoritmo, creando delle elaborazioni statistiche su decisioni passate, utilizzerà per “prevedere” il successo o meno di un caso, oppure per calcolare il rischio di recidiva di un reo. Clamoroso a questo proposito, il caso COMPAS (Correctional Offender Management Profiling for Alternative Sanctions), software di intelligenza artificiale utilizzato negli Stati Uniti: l’algoritmo “prediceva” , basandosi su dati che includevano sia l’aspetto fisico che la fedina penale, quanto, verosimilmente, un ex detenuto avrebbe commesso di nuovo un reato nel giro di due anni dal suo rilascio. Uno studio però ha dimostrato come questo Algoritmo non fosse poi così imparziale e perfetto, dato che sovrastimava il rischio di recidiva nei confronti degli imputati di colore (non può non venire in mente il racconto di fantascienza di Philip K. Dick del 1956, "The Minority Report").
Ma allora l’imparzialità è davvero fonte di giustizia assoluta e perfetta? O invece, sia che venga attribuita ad un’intelligenza artificiale o ad una persona capace di togliersi di dosso, al pari di una seconda pelle, la sua accezione umana, per applicare in modo ligio e (estremamente) razionale, “alla lettera”, le leggi del diritto, questa imparzialità asettica e questo parassosismo dottrinale (alla Judge Dredd) non rischi di decadere in una “iniquità”? Perché, seppur frase banale, non si può fare di tutta l’erba un fascio! Non si può paragonare, facendo un esempio estremo, l’appropriazione indebita di un amministratore di una società di fondi pensione che se ne appropria in modo fraudolento e li usa a beneficio personale, per esempio, per costruirsi una villa e fare la bella vita, con un povero "morto di fame" (che dal 2020 a oggi sono sempre di più a causa del caro vita triplicato!!) che ha ricevuto un bonifico bancario per errore e, invece di restituirlo, lo trattiene. Il contesto fa LA DIFFERENZA. Senza la componente del “contesto” qualsiasi sentenza, anche se basata razionalmente sulle leggi del diritto da “equa” diverrà “iniqua”. Allora, oltre alla ragione, alla logica, come diceva il Dott. Apollonio, cosa potrebbe davvero “transustanziare” la giustizia e renderla “obiettiva”, o almeno provarci: l’EMPATIA (coadiuvata da una generosa dose di BUON SENSO). Sembrerebbe un paradosso ma forse quella che viene vista come una debolezza nel giudice che, secondo la visione odierna, dovrebbe quindi svestirsi di essa, ovvero la componente UMANA, potrebbe essere in realtà il suo punto di forza; perché è solo attraverso questa sua accezione, attraverso quegli incorporei “21 grammi” della essenza umana che l’Empatia può scaturire. Ed è l’Empatia che fondamentalmente ci distingue dalle macchine, ancorché “pensanti”, “senzienti”.
Orbene, non sarebbe opportuno che, alla SSM, oltre ai corsi di Etica e Deontologia, venissero istituiti i corsi di EMPATIA e BUON SENSO?
In the future, one man is the law.
One man is Judge, Jury, AND Executioner.
“Chief Justice Fargo: The blind lady.
Judge Joseph Dredd: Who is she?
Chief Justice Fargo: Justice, before your time. We should have never taken it from her hands”.
Judge Joseph Dredd: I never broke the law! I AM THE LAW! The law can't apologize!
Rico Dredd: Guilt, and innocence, is a matter of timing”
(Judge Dredd, Usa action movie, 1995)
(Nel futuro, un uomo è la legge
Un uomo è Giudice, Giuria E Carnefice.
Comandante del Corpo di Giustizia Fargo: La Dea Bendata
Giudice Joseph Dredd: Chi è?
Comandante del Corpo di Giustizia Fargo: La Giustizia, molto prima che tu nascessi. Non avremmo mai dovuto appropiarcene.
Giudice Joseph Dredd: Io non ho mai infranto la legge! LA LEGGE SONO IO! La legge non fa ammenda!
Rico Dredd: Colpevolezza, o innocenza, è solo una questione di tempistica.)
(Judge Dredd, film d'azione americano, 1995)
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