Milazzo, la storia di Sofia Mezzasalma: giovane donatrice di midollo osseo
- Letteria Cavallaro
- 28 gen
- Tempo di lettura: 4 min
Un gesto di straordinario altruismo quello della donazione di midollo osseo che può trasformare il destino di chi combatte gravi malattie. La storia di Sofia Mezzasalma, una giovane milazzese di 25 anni, giornalista e dottoressa in psicologia clinica, è un esempio concreto di come la scelta di donare possa offrire una nuova possibilità di vita a chi ne ha più bisogno.
Il percorso che ha portato Sofia a diventare una donatrice inizia tra i banchi di scuola, quando i volontari dell’Admo (Associazione Donatori Midollo Osseo)della sezione di Milazzo hanno incontrato gli studenti per sensibilizzarli sull’importanza della donazione. "Quel seme piantato ha dato i suoi frutti”, racconta con emozione Monica Maugeri, responsabile della sezione locale di Admo.
Anni dopo, Sofia ha deciso di iscriversi al registro dei donatori di midollo osseo, un gesto che l’ha resa protagonista di un atto di grande generosità. La sua compatibilità è stata fondamentale per un malato la cui condizione clinica richiedeva un trapianto urgente di midollo osseo.
La donazione di Sofia rappresenta un atto di speranza e solidarietà che può fare la differenza tra la vita e la morte per chi si trova ad affrontare malattie come leucemie e linfomi. L'admo Sicilia continua la sua campagna di sensibilizzazione, informando i cittadini sull'importanza della donazione di midollo osseo. L'associazione è attiva su tutto il territorio: il reclutamento è intenso nelle scuole e nelle università dove il range 18 - 35 anni è ideale per diventare donatori.
“Grazie al lavoro dei volontari, sono stati reclutati oltre 10.000 donatori tipizzati, ovvero persone di cui è stato acquisito il genoma HLA, pronte a donare il proprio midollo osseo in caso di compatibilità con un malato, ovunque nel mondo”, testimonia Giorgio Maugeri, presidente di ADMO Sicilia.
Tra i donatori, appunto, Sofia la quale ha scelto di raccontare il suo percorso.
Cosa ti ha spinto a decidere di donare il midollo osseo?
«Come dico sempre, la risposta più opportuna dovrebbe essere: “Perché non farlo, se si è nelle condizioni di poterlo fare?”. Basta essere in buona salute, avere un’età compresa tra i 18 e i 35 anni e pesare più di 50 kg. Mi ritrovo pienamente nel motto di ADMO: “Io dono. Non so a chi, ma so perché”. Se solo fossimo meno egoisti e pensassimo di più al prossimo, non solo avremmo più tipizzati (potenziali donatori di midollo osseo), ma recupereremmo un’umanità che sembra perduta».
Come hai vissuto il processo di iscrizione al registro dei donatori? Hai riscontrato difficoltà?
«Assolutamente no, nessuna difficoltà. Il processo è facile e indolore: basta compilare un questionario conoscitivo, atto alla valutazione della condizione di salute del donatore, per poi sottoporsi a un prelievo di sangue o a un tampone salivare».
Hai avuto timori o dubbi prima di iniziare questo percorso?
«Mai avuto dubbi. Ero motivata dal desiderio di aiutare e ben informata grazie ad ADMO Milazzo. Quando si conosce, la consapevolezza prende il posto della paura».
Quali esami preliminari hai dovuto affrontare?
«Se parliamo di conferma della compatibilità, un semplice prelievo; il procedimento più lungo ha, invece, riguardato la valutazione oggettiva della mia condizione clinica, attraverso un check up completo. Lo scopo è, chiaramente, quello di valutare l’effettiva possibilità, da parte del potenziale donatore, di sottoporsi alla procedura di raccolta».
Puoi descrivere la procedura di prelievo del midollo osseo?
«Ho donato tramite prelievo di cellule staminali da sangue periferico (procedura denominata “PBSC”): la tecnica di raccolta impiegata in 9 casi su 10. Durante la donazione, il sangue prelevato da un braccio viene centrifugato, le cellule staminali scisse dal resto delle emocomponenti, mentre il resto del sangue viene reinfuso tramite il braccio opposto. Al contempo, vengono somministrati sia un anticoagulante che il calcio. È una procedura sicura ma lunga, che richiede in media 4 ore (nel mio caso, 5)».
Hai avuto bisogno di una preparazione particolare prima del prelievo?
«Sì. Cinque giorni prima ho iniziato la somministrazione di un fattore di crescita, al fine di accelerare lo sviluppo delle cellule staminali ed agevolarne il transito al sangue periferico. Tra gli effetti collaterali del farmaco, vi sono quelli ‘simil- influenzali’ (come febbre, dolori ossei e generale senso di affaticamento), che possono essere ben controllati grazie a comuni antidolorifici. I sintomi personalmente accusati hanno riguardato fitte nella zona lombare, della durata di un paio di secondi. La somministrazione è semplice ed avviene tramite delle iniezioni da effettuare due volte al giorno, per cinque giorni, in pancia o nel braccio».
Come ti sei sentita emotivamente e fisicamente durante il giorno della donazione?
«Splendidamente sotto ambo i punti di vista! Durante la raccolta pensavo solo alla persona che avrebbe ricevuto le mie cellule staminali e a quanto fosse ‘semplice’ contribuire a salvare una vita».
Come è stato il recupero dopo l’intervento?
«Perfetto. Non ho avuto dolori di alcun tipo; anzi, le fitte di cui parlavo prima sono immediatamente scomparse. Le accortezze che seguono la donazioni di midollo osseo sono le medesime della normale donazione di sangue: idratarsi ed evitare sforzi fisici».
Quali sono stati i tuoi pensieri ed emozioni dopo la donazione?
«Felicità pura. Non posso, però, nascondere il timore che le cellule staminali donate possano non attecchire. È un’ipotesi alla quale continuo a pensare. Al momento, in assenza di effettivi riscontri, posso solo dire che convivo con la certezza di aver, sinceramente, fatto tutto ciò che mi era possibile fare».
Cosa diresti a chi è indeciso o timoroso di diventare donatore?
«La conoscenza è la chiave per sconfiggere la paura. Ed è proprio per questo motivo che ho accettato con piacere l’invito, da parte di ADMO, a parlare del mio percorso, offrendo una testimonianza concreta e sincera. L’obiettivo è quello di sensibilizzare ed informare, affinché la paura (dettata dalla mancata conoscenza) venga sostituita dalla consapevolezza che salvare una vita - per chi si trova nelle condizioni psicofisiche per poterlo fare - sia molto più semplice di quanto comunemente si pensi».
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