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Addio a Gianluca Vialli, simbolo del calcio italiano

Tutto il mondo del calcio piange la scomparsa di Gianluca Vialli. L'ex capo delegazione della nazionale italiana, che ha trionfato agli europei del 2021, si è spento tragicamente all'età di 58 anni. Il tumore al pancreas con cui combatteva dal 2017, è stato la causa della morte dell'ex calciatore della Sampdoria.


Ad annunciare la tragica perdita ci ha pensato la famiglia: "Con incommensurabile tristezza annunciamo la scomparsa di Gianluca Vialli. Circondato dalla sua famiglia è spirato la notte scorsa dopo cinque anni di malattia affrontata con coraggio e dignità. Ringraziamo i tanti che l'hanno sostenuto negli anni con il loro affetto. Il suo ricordo e il suo esempio vivranno per sempre nei nostri cuori".


6 anni fa, Vialli, subito dopo aver scoperto la grave malattia, si è immediatamente sottoposto a un intervento chirurgico con i conseguenti cicli di chemioterapia durati ben 17 mesi. In un' intervista aveva anche raccontato di indossare maglioni sotto la camicia per evitare di apparire in pubblico troppo magro. Nel 2020 sembrava fosse giunta la luce in fondo al tunnel: i segni della malattia erano scomparsi. Purtroppo però, nel 2021 il tumore si è rifatto vivo, costringendo poi Vialli, a fine 2022, ad abbandonare anche il ruolo di capo delegazione dalla FIGC. Una perdita dolorosa per tutti coloro che hanno apprezzato le prodezze di un grande campione, e per tutti quelli più giovani a cui le sue immagini da calciatore sono state tramandate, ma che lo hanno potuto ugualmente ammirare nelle vesti di opinionista a Sky.


Attaccante senza confini

Il 16 settembre 1984 è stata la data del suo debutto in Serie A con la Cremonese. Più nel dettaglio in un Cremonese-Sampdoria, finito 0-1 in favore dei blucerchiati. Sampdoria che sarebbe poi stata nel destino di Gianluca Vialli, maglia con cui si è consacrato con uno dei migliori attaccanti in Italia e in Europa. A Genova, con Roberto Mancini, formò la famosa coppia dei "gemelli del gol". I due portarono la Sampdoria a vincere la Coppa delle Coppe, 1 scudetto, 3 Coppe Italia e 1 Supercoppa Italiana.


Le sue caratteristiche lo resero un attaccante atipico per il tipo di calcio che si vedeva a cavallo degli anni 80 e 90. Veloce, tecnico, dinamico, e capace di svariare in un tutto il reparto offensivo senza dare precisi riferimenti. Il suo particolare modo di giocare spesso si scontrò anche con le idee tattiche di qualche allenatore, su tutti Arrigo Sacchi, che decise di non convocarlo per i Mondiali del 1994: "Non tiferò di certo per la sua Italia". Furono queste le parole di Vialli a seguito della mancata convocazioni per la Coppa del Mondo in USA. Una personalità forte, che di certo non le mandava a dire.


Durante la sua carriera ha vestito anche la maglia della Juventus, in cui ha aggiunto al suo modo di giocare più fisicità e maggiore studio dell'avversario, che lo hanno reso un attaccante ancora più completo. In bianconero vinse 1 scudetto, 1 Champions League, 1 Coppa UEFA, 1 Coppa Italia e 1 Supercoppa Italiana. Dopo quattro campionati decise di lasciare Torino per approdare in Premier League, alla corte del Chelsea. Dopo 2 stagioni esaltanti come giocatore, decise di fare l'allenatore dei blues. Come tecnico riuscì a vincere cinque trofei in quattro anni: Coppa delle Coppe, Supercoppa Europea, Coppa d'Inghilterra, Coppa di Lega inglese, Supercoppa Inglese.


Da calciatore Gianluca Vialli ha giocato 673 partite, realizzando 259 gol e 44 assist.

Capacità di essere un passo avanti

La vera essenza dell'uomo che è stato Gianluca Vialli la si vede nell'abbraccio con Roberto Mancini dopo la vittoria dell'Europeo. Una figura reputata fondamentale per il trionfo degli azzurri a Wembley. La sua umiltà, condita sempre da un sorriso elegante, ma all'occorrenza beffardo e ironico, è stata la chiave dei suoi successi sia da calciatore che da uomo.


"O si vince, o si impara qualcosa". Una delle frasi forse più iconiche da parte dell'ex calciatore della Juventus, che in qualsiasi occasione ha sempre cercato di far prevalere il lato positivo delle vicende. Un atleta, e soprattutto un uomo, capace di essere sempre un passo avanti. Moderno nel modo di giocare, visionario da allenatore, talentuoso nelle vesti di opinionista grazie alla sua capacità di analizzare le partite, e umano nel ruolo di dirigente della nazionale. Ad accomunare tutte le sue mansioni nel corso della sua vita, un unico comune denominatore: l'umiltà.


Pietro Inferrera



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